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C'E' UN OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA...

                                                     

L'olio è un prodotto che ha segnato diverse economie e diversi popoli; ma seguiamo da vicino le varie tecniche usate per l'estrazione di questo prezioso prodotto.

Una delle più antiche tecniche usata dagli Egiziani consisteva nel pestare le olive con l'aiuto di un grosso sasso all'interno di una pietra cava. Il liquido, attraverso scanalature, colava direttamente in cavità adiacenti. Seguiva la pressatura della pasta ottenuta, racchiusa in una fitta corona di ramoscelli di olivo (una sorta di fiscoli primitivi), e posta sopra una pietra piana, sotto il peso di alcuni massi.
Il mosto oleoso era raccolto e versato in recipienti di terracotta, dove lo si lasciava riposare per qualche tempo, in modo da consentire all'olio, piu leggero, di affiorare per essere separato dalle acque di vegetazione.

Una versione leggermente più evoluta di pressa era rappresentata dai torchi a sacco, robusti sacchi di tela che venivano riempiti di olive già pestate, per poi essere fortemente attorcigliati con l'ausilio di due bastoni , inseriti negli appositi cappi realizzati alle due estremità.

La vera rivoluzione nel campo della spremitura si ebbe però con l'introduzione della pressa a leva dove la trave grazie al carico di grossi massi preme sulla colonna di fiscoli in fibre intrecciate contenenti la pasta macinata di olive. Apposite canalette convogliano l'olio nei recipienti di raccolta.

La civiltà greca conosceva già un metodo di macinazione delle olive, molto più efficace rispetto al semplice pestaggio con pietre: una o più grosse macine in pietra, collegate a un palo centrale, venivano fatte ruotare entro una vasca di forma circolare, esercitando così un'azione triturante sulle olive.
Questo tecnica di macinazione delle olive si diffuse anche negli anni a seguire, tra i Romani , sino ad arrivare a noi pressochè immutata.

Durante l'epoca greca e quella romana si svilupparono altre forme di spremitura che si basavano sul principio di leva "sopra descritto", del cuneo e più tardi della vite.

E proprio quest'ultimo ideato da Archimede nel III secolo a.C. si diffuse pienamente nell'industria olearia. Esso consisteva nel sostituire il tradizionale tamburo a razze con una vite verticale, fissata al pavimento e al soffitto mediante due cuscinetti e inserita all'estremità della trave tramite una controvite. Facendo ruotare la vite in un senso o nell'altro mediante un bastone si poteva agevolmente sollevare o abbassare la trave. Attraverso le aperture di un secondo paio di pilastri, posti tra il piano della pressa e la vite, venivano inseriti trasversalmente dei listelli che, mantenedo sollevata la trave, agevolavano le operazioni di carico e scarico. Introdotti i fiscoli sul piano della pressa, si iniziava a ruotare la vite spingendo la trave verso il basso e, togliendo via via i listelli da sotto, li si inserivano sopra la trave non appena la pressione, con il defluire dell'olio, tendeva a diminuire. Era in tal modo garantita una pressione costante sino alla completa spremitura delle olive.

Queste tecniche si protraggono per diversi secoli fino al 1700 fatta eccezione per un dispositivo ideato da Leonardo Da Vinci " strettoio per olio.
La leva orizzontale posta in alto, ricurva a destra e contrappesata a sinistra, ruota sul perno e agisce sulla ruota dentata. Questa funge da madrevita per la vite senza fine verticale, che preme direttamente sui fiscoli.

Un vero indizio dell'evoluzione della tecnologia olearia, che assunse così un carattere industriale, va ricercato nell'impiego dell'acqua come forza motrice.
Il frantoio a trazione animale rimase come simbolo di un'economia familiare e di un mercato a carattere prevalentemente locale. I moderni oleifici, date le notevoli dimensioni dei nuovi impianti, abbandonarono le abitazioni rurali e si trasformarono in appositi edifici costruiti sulle rive dei corsi d'acqua o serviti da canali artificiali.
La forza dell'acqua rese possibile la lavorazione contemporanea di più macchine; gli operai si trasformarono in tecnici specializzati, addetti ciascuno a una singola fase produttiva.

L'estensione dell'energia idraulica ai torchi dovrà attendere l'inizio del XIX secolo.

Nell 'Ottocento - Novecento si sviluppano nuovi sistemi per l'estrazione dell'olio:
nascono i torchi o presse idrauliche capaci di operare l'estrazione fino al completo esaurimento delle sanse. Vi compariva per la prima volta la guida centrale in metallo cavo, detta anche foratina per la sua superficie fittamente bucherellata. Questa sosteneva la torre di fiscoli attraversandone verticalmente tutti gli elementi. Il mosto oleoso che si liberava con la pressione veniva raccolto in un apposito recipiente dotato di tubi di scarico posti alle altezze opportune per separare automaticamente l'olio dalle acque di vegetazione.

Per la separazione dell'olio dal mosto estratto con la pressatura venne introdotta una nuova categoria di macchine: le centrifughe.
Queste si basavano sul diverso peso specifico dell'acqua e dell'olio presenti nel mosto oleoso. All'interno di un cono rotante a velocità molto elevata l'acqua, spinta dalla forza centrifuga, tendeva a portarsi all'esterno, lasciando l'olio, relativamente più leggero, ad accumularsi verso il centro. Dai tubi di scarico, che comunicavano con le due diverse zone della centrifuga, si osserva l'uscita, rispettivamente, di acqua e olio già separati.

L'olio ottenuto dalla centrifugazione era già suscettibile di commercializzazione.

L'abbondanza dei reperti e le testimonianze degli antichi ci parlano dunque della storia millenaria dell'Olea europea sativa che si confonde tra realtà e leggenda, mito e religione:

. si narra che Romolo e Remo, discendenti degli Dei e fondatori di Roma, videro la luce sotto i rami di un olivo;

. per il popolo ebraico fu Dio a donare ad Adamo, ormai prossimo alla morte, i tre semi che il figlio Seth pose tra le sue labbra prima di seppellirlo e dai quali germogliarono il cedro, il cipresso e l'olivo;
. è alla Dea Iside, moglie di Osiride, che gli antichi egizi rendevano omaggio per aver dato loro la capacità di coltivare il sacro albero;
. l'olio " elemento simbolico delle grandi religioni monoteiste";
. unguento prezioso degli atleti olimpici;
. serviva agli Egizi per la mummificazione;
. serviva ai sacerdoti babilonesi per la predizione del futuro;
. l'olivo simbolo di pace e di sapienza come la divinità che l'ha donato e che è nume tutelare della città, la Glaucopide Atena, la dea dagli occhi che risplendono come le foglie verde-argento degli ulivi. La dea protettrice cui, nell'alto dell'acropoli, accanto al bosco cresciuto intorno al primo olivo suo dono divino, verrà dedicato il grande Partenone, il tempio di Pallade, dove accanto alla statua d'oro e d'avorio della Vergine dea della Saggezza, scolpita da Fidia, risplende perenne la grande lampada votiva che i grati e devoti ateniesi alimentavano una sola volta all'anno, con l'olio dell'ultimo raccolto dell'oliveto sacro.
. L'olio usato come farmaco, ma anche per i riti sacri. Tra questi, importantissimi, i riti funerari con la purificazione e unzione dei corpi.
. La guarigione del corpo e la salvezza dell'anima sono state per secoli possibili in virtù del ricorso all'olio ricavato dalle olive. Questo,almeno,nella considerazione popolare, ma a credere fortemente nelle proprietà guaritrici dell'olio erano in realtà un po' tutti, senza distinzione. Le lampade votive costituivano il mezzo attraverso cui i santi taumaturghi esplicavano i propri poteri carismatici. L'olio benedetto e salutifero veniva considerato un autentico toccasana.
. Noè attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello d'olivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra.
. La presenza di ulivi e olio è segno della fertilità del paese in cui Dio sta per introdurre Israele e della benevolenza di JHWH nei confronti del popolo eletto, perciò il popolo non deve dimenticare i benefici ricevuti. L'albero dell'ulivo diventa simbolo del popolo di Israele.

COME RICONOSCERE UN BUON OLIO

Ogni olio ha caratteristiche qualitative e organolettiche differenti, che dipendono dalla zona di produzione, dal tipo di cultivar e dai procedimenti utilizzati per la trasformazione del frutto. Ma come può il consumatore riconoscere ed acquistare un buon olio?

L'olio di migliore qualità è certamente l'olio extravergine di oliva, noto per la sua assoluta genuinità e per le sue proprietà salutari.
Ma anche le caratteristiche organolettiche degli extravergine variano da olio a olio. Attraverso la degustazione (detta anche analisi sensoriale) è possibile saggiare, apprezzare, riconoscere e classificare le varie proprietà dell'olio attraverso vista (per il colore), odorato (per il profumo) e gusto (per il sapore).

La degustazione ha le sue regole (forma, dimensioni, materiale e temperatura del bicchiere, temperatura dell'ambiente, criteri di valutazione, ecc.) osservate dagli assaggiatori professionisti per dare una precisa valutazione dell'olio.
Anche il semplice consumatore può però imparare ad assaggiare l'olio extravergine per individuarne pregi e difetti, senza la pretesa di distinguere e classificare le diverse proprietà ma solo per riconoscere un olio extravergine di autentica qualità.
Basta versare una piccola quantità di olio, la cui temperatura deve essere di circa 28°, in un bicchiere trasparente a forma di coppa, avvolgendolo con la mano per impedire la dispersione del calore.

Apprezzare con gli occhi
Per cogliere la limpidezza, la densità e il colore dell'olio. La proprietà principale da considerare è la purezza: guardando in controluce un buon olio deve essere privo di sospensioni e depositi eccessivi. Il colore di un buon olio varia dal verde intenso al dorato paglierino, mentre un olio incolore (tipico degli oli raffinati) o dai toni arancio-rossastro denota cattiva lavorazione o degradazione ossidativa.
La densità e le diverse sfumature di verde o giallo non sono rivelatori di qualità ma di tipicità: il luogo di provenienza e il tipo di olive conferiscono fluidità e colori diversi. L'olio extravergine di oliva Agrolio ha una media fluidità, colore verde con riflessi dorati, segno di un frutto colto ad iniziale fase di maturazione, ed una assoluta limpidezza determinata dai processi di filtrazione naturale.

Percepire col naso
Per farsi inebriare dai profumi tipici dell'oliva coratina da cui è costituito e dall'aroma dell'olio. Avvicinando il bicchiere al naso e annusando in modo breve e ripetuto, si può cogliere il profumo dell'olio e la sua intensità. L'intensità può essere, in ordine crescente: sfuggente, sottile, pronunciato, di media intensità, intenso; il profumo penetrante, delicato, fruttato, fine, con leggeri difetti o sgradevole. Un aroma, percepibile col naso ma anche dal gusto, che ricorda un frutto sano, fresco, colto al momento giusto si definisce fruttato, che è il segno distintivo dell'olio extravergine di oliva, spesso accompagnato da note di mela verde, di mandorla fresca, di pomodoro verde o da sentori floreali ed erbacei. Il fruttato e certamente sinonimo di buona qualita dell'olio, a prescindere dall'intensità del profumo.
Invece odori di rancido, di muffa, di metallico denotano un olio scadente, lavorato o conservato in modo non adeguato.

Assaporare con la bocca
Per completare la degustazione attraverso il parametro più importante: il sapore. Basta introdurre nella bocca una piccola quantità di olio, trattenerlo per 10-15 secondi senza ingerirlo, lasciandolo riscaldare e facendolo roteare sulla lingua per favorire l'evaporazione delle componenti volatili. Le sensazioni percepite variano dal dolce, all'amaro, al piccante, con intensità diverse: assente, leggero, medio, intenso-dominante. Caratteristica fondamentale dell'olio extravergine di qualità è che si deve percepire il sapore del frutto (anche in questo è utilizzato il termine fruttato): nessun altro sapore deve coprire o prevalere su quello di oliva. Anche il gusto dell'olio è strettamente tipico del luogo e e del tipo di cultivar utilizzato.